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Il gup di Palermo Walter Tortorici ha condannato a pene comprese tra 10 mesi e 20 giorni e un anno, un mese e 10 giorni cinque “odiatori seriali”, accusati di avere insultato sui social il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Si tratta di uno dei procedimenti nati da una indagine della Procura di Palermo su una serie di post ingiuriosi pubblicati sulla pagina dell’associazione “Fiori d’arancio” che aveva manifestato solidarietà al presidente della Repubblica, vittima di violenti di attacchi per aver incaricato Carlo Cottarelli di formare il Governo.
Le indagini, i condannati
Decine i commenti volgari e offensivi che diedero input all’indagine. Gli inquirenti riuscirono a risalire ai titolari degli account da cui partirono gli insulti. Si trattava di 14 persone di diverse provenienze: da Palermo, a Messina, Torino, Misterbianco, Florida e Chiaramonte Gulfi. A 10 mesi e 20 giorni sono stati condannati Isabella Abbate, Emanuele Anello, Giovanni Cataldo e Salvatore Marciante. A un anno, un mese e 10 giorni Rosa Crivello.
Nel 2021 altra inchiesta simile portò a due condanne
Rischiavano fino a 15 anni di galera per vilipendio al Presidente della Repubblica. Ieri il Gup del Tribunale di Palermo, Giuliano Castiglia, ha condannato due autori delle minacce e degli insulti rivolti sui social al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel giugno 2018.
All’epoca si scatenarono gli “haters” (odiatori, ndr), i cosiddetti “leoni da tastiera“, con frasi minacciose e offensive sui social dopo la decisione del Quirinale di affidare l’incarico per la formazione del nuovo Governo a Carlo Cottarelli. Qualcuno su Facebook e Twitter accusò il Quirinale di voler sovvertire l’esito del voto popolare (Elezioni politiche del marzo 2018), che aveva premiato soprattutto due partiti: M5S e Lega, che poi effettivamente formarono il nuovo governo.
Nel registro degli indagati finirono subito Manlio Cassarà, palermitano, che aveva pubblicato “hanno ucciso il fratello sbagliato“, riferendosi all’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello del capo dello Stato, assassinato dalla mafia nel 1980, Michele Calabrese, autore di un post analogo, e Eloisa Zanrosso col “ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta?“.