Articolo…, tratto da… www.laprovinciacr.it!
Ha ucciso la sua bambina, vendicandosi della compagna che lo aveva lasciato e condannandola al dolore infinito… ergastolo: ieri sera, la Corte di Cassazione ha scritto la parola fine sull’atrocità commessa da Jacob Danho, il papà ivoriano oggi 41enne, che il 22 giugno del 2019, sabato, nella casa al secondo piano in via Massarotti, accoltellò, uccidendola, la piccola, bellissima Gloria, di 2 anni. Due, come le coltellate che si prese. Ferite non gravissime. Poteva salvarsi, la bimba, ma suo padre la lasciò agonizzare per trenta minuti, forse per due ore, in camera da letto, sul lettone matrimoniale.
Gli ermellini hanno rigettato il ricorso presentato dal difensore, Daniele Sussman Steinberg, verso la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia che il 4 aprile dello scorso anno confermò l’ergastolo inflitto a Cremona, il 24 gennaio del 2021 e 100 mila euro (una provvisionale) di risarcimento alla mamma Isabel. Il rigetto del ricorso presentato dalla difesa lo avevano chiesto il sostituto Procuratore generale e l’avvocato di parte civile, Elena Pisati. Ergastolo. «Nella tragicità degli eventi, c’è soddisfazione, perché l’impianto accusatorio ha retto – ha commentato l’avvocato Pisati —. Non sono state ritenute fondate le contestazioni della difesa sul vizio parziale di mente e sulla mancanza dell’aggravante dei motivi abietti».
Quel sabato, papà Jacob portò a compimento la sua vendetta contro mamma Isabel, la compagna che quattro mesi prima se ne andò via da casa con Gloria, trovando rifugio al Focolare Grassi, in via Bonomelli. Se ne andò dopo una discussione. Non era la prima volta che i due litigavano. Ma quella sera, Jacob le rifilò un ceffone sull’orecchio, perforandole il timpano. Isabel troncò la relazione. Jacob non si rassegnava. Voleva rimettere insieme la famiglia.
Mamma Isabel non si è mai opposta a che lui incontrasse Gloria, prima con gli assistenti sociali. Da maggio del 2019, la vedeva da solo, due ore dopo l’asilo. La bimba era felice di stare con il suo papà. Il 22 giugno, sabato, il padre rimase con lei più ore. Era la prima volta. Alle sei del mattino Jacob smontò il turno alla Magic Pack. Alle 9.30 si presentò in via Bonomelli. Avrebbe dovuto riportare Gloria alle cinque del pomeriggio. Alle 9,45 la prese per mano.
Papà e figlioletta si incamminarono verso via Massarotti. Al mercato, il padre comprò le banane, dei vestitini, poi due lecca-lecca nella tabaccheria vicino a casa, l’ultimo regalo alla bimba. Intorno alle 10.20, salì in casa. Cambiò i vestitini alla bimba, le diede un lecca-lecca. Tra mezzogiorno e le 13, impugnò il coltello. Alle 18 in via Massarotti arrivò l’ambulanza. La proprietaria dell’appartamento aprì il portone giù e la porta di casa. Jacob si era chiuso a chiave in camera da letto. L’aprì lui. E si scoprì l’atrocità. Il 118 allertò i carabinieri. Dopo aver ucciso la piccola Gloria, papà Jacob si diede cinque coltellate. «Quattro lesioni estremamente superficiali e una un poco più profonda che per 8 millimetri ha attinto la parete gastrica. Poca roba», ha sostenuto l’avvocato Pisati.
Non c’è spazio neppure in Cassazione per il vizio parziale di mente invocato dalla difesa. Non c’è spazio per «la magia», a cui si è aggrappato papà Jacob per giustificare la sua mostruosità.
«Tutta colpa dei malefici» lanciatigli da Isabelle, dalla suocera e da una sorta di stregona. E non cade neppure l’aggravante dei motivi abietti sostenuta già nel primo processo dal pm Vitina Pinto. «Uccidere un figlio per vendicarsi del partner è senz’altro un motivo abietto, connotato da duplice crudeltà nei confronti della vittima innocente e dell’altro genitore, per punirlo, privandolo della genitorialità ed addossandogli le colpe dell’azione omicidiaria, per farlo vivere con il rimorso di essere stato causa della morte, idealmente armando la mano dell’agente sospinto a quella decisione estrema.
Ripugna, invero, alla comune coscienza sociale l’uccisione di un figlio di soli due anni per raggiungere obiettivi trasversali», aveva scritto il presidente della Corte d’Assise di Cremona, Anna di Martino. E un anno dopo, di «orrore» parlò nella sua requisitoria, il Pg del processo d’appello Marco Martani, «l’orrore che suscita solo pensare alla bambinetta di 2 anni che muore dissanguata. È straziante. Una bambinetta di 2 anni uccisa per vendetta, faccio fatica a trovare un gesto che possa essere considerato più abietto di questo.