La differenza fondamentale, per il nuovo strumento di contrasto alla povertà, la fa l’Assegno unico per i figli

NON SOLO RAPPRESENTA (FINALMENTE) UN AIUTO DAL VALORE IMPORTANTE PER LE FAMIGLIE, MA NELLA BOZZA SULLA NUOVA GARANZIA DI INCLUSIONE ATTIVA (GIL) NON DETERMINA UN TAGLIO DELLA QUOTA DEI MINORENNI COME INVECE AVVIENE OGGI PER IL REDDITO DI CITTADINANZA

282

Articolo…, tratto da… www.avvenire.it!

La differenza fondamentale, per il nuovo strumento di contrasto alla povertà, la fa l’Assegno unico per i figli. Che non solo rappresenta (finalmente) un aiuto dal valore importante per le famiglie, ma che nella bozza sulla nuova Garanzia di inclusione attiva (Gil) non determina un taglio della quota dei minorenni come invece avviene oggi per il Reddito di cittadinanza. «Nel valore dei trattamenti assistenziali (…) non rilevano le erogazioni relative all’assegno unico e universale», recita infatti il comma 6 dell’articolo 2 dell’ultimo schema di articolato predisposto dai tecnici e ora al vaglio dei diversi ministeri competenti e della Presidenza del Consiglio. Se questa ipotesi venisse confermata e trasformata in legge, le famiglie con figli in condizione di povertà avrebbero maggiori benefici rispetto al sistema passato. Al contrario, per i single e le coppie senza figli, la nuova Garanzia per l’attivazione lavorativa prevede una riduzione netta dei sussidi, tanto far sorgere il dubbio che il nuovo sistema sia adeguato a garantire quel reddito minimo che l’Europa chiede sia assicurato a chi si trova in condizione di povertà.

Il trattamento per le famiglie con figli. Un semplice esempio dà la misura del vantaggio che il nuovo sistema assicurerebbe a chi ha figli. Per un nucleo formato da padre, madre (entrambi disoccupati e a zero reddito), con due figli minorenni, la scala di equivalenza del Rdc prevedeva il pagamento di 500 euro per il padre (valore 1 della quota base), 200 per la madre (valore 0,4), 200 euro per i due minori (0,2 e 0,2 sempre della quota base di 500 euro). A questa famiglia spettavano anche due Assegni unici per i figli di 189 + 189 euro, decurtati però delle due quote di 100 + 100 euro. Risultato: 1.078 euro al mese. Se in affitto si aggiungevano 280 euro di integrazione.

La stessa famiglia in povertà con il nuovo (possibile) sistema, invece, avrebbe diritto sempre a 500 euro per il padre (valore 1) e 200 per la madre (valore 0,4), più 75 euro per il primo figlio (valore 0,15) e 50 per il secondo (valore 0,1). Ma, soprattutto resterebbe integro il valore dei due Assegni unici di 189 e 189 euro. Risultato: 1.203 euro al mese. Anche in questo caso si potrebbe aggiungere i 280 euro al mese di contributo per l’affitto. In totale, dunque, il nuovo sistema prevede 125 euro in più al mese, 1.500 euro in un anno, rispetto a quanto previsto con il Reddito di cittadinanza. Il trattamento sarebbe assicurato per 18 mesi rinnovabili (senza limite) per periodi di 12 mesi dopo un mese di pausa.

Singoli e coppie. Tutt’altro trattamento, invece, riceverebbero i singoli e le coppie senza figli e senza invalidità. Per loro, prima considerati semplicisticamente “occupabili” ora “nuclei meno fragili” il trattamento della nuova Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal) prevede una quota base di 350 euro (inferiore dunque ai 500 del Rdc) e di 175 per l’eventuale coniuge o convivente. Totale: 525 euro al mese contro i 700 previsti dal Reddito di cittadinanza. Non solo, nella nuova ipotesi anche il contributo per l’affitto scende a soli 180 euro al mese contro i 280 invariabilmente previsti dal Rdc.

Un (primo) bilancio. L’ipotesi di riforma predisposta da un comitato di esperti, prima di essere discussa in Parlamento, deve ancora passare il vaglio dei ministeri e quello più politico della maggioranza. Non mancano le tensioni e le tentazioni di stringere ancora di più le maglie per ottenere una più evidente discontinuità rispetto al passato e accrescere i risparmi di spesa da destinare ad altre partite come il taglio delle imposte. E dunque è prematuro qualsiasi giudizio compiuto. Tuttavia, da quel che abbiamo esposto si può dire che il nuovo sistema sanerebbe la penalizzazione delle famiglie con figli e numerose rispetto ai singoli e alle coppie senza figli che si verificava con il Reddito di cittadinanza e che era stata più volte evidenziata (oltre che su Avvenire) anche dal Comitato tecnico per la revisione del Rdc, dalla Caritas e da altri osservatori. Positiva anche la previsione di ammettere alla misura gli stranieri residenti in Italia da 5 anni, e non più 10. Rappresenterebbe un atto di giustizia rispetto ai tanti poveri di altra nazionalità (per quanto inseriti da molto tempo nella nostra società) che oggi restavano esclusi dai sostegni al reddito. Richiesta peraltro avanzata anche dall’Unione Europa che considera discriminatorio, ad esempio, concedere l’Assegno unico per i figli solo agli extracomunitari che risiedono da almeno 2 anni in Italia.

Il nodo, però, resta il trattamento dei singoli, penalizzati su molti fronti. Anzitutto quello della soglia di accesso: Isee di 6.000 anziché i 7.200 delle famiglie. Abbandonata la vecchia dizione di “occupabili e no” che non aveva senso sganciata com’era da valutazioni sulla reale condizione di occupabilità della persona (periodo di disoccupazione, livello di istruzione, competenze ecc.), occorrerà stimare quante centinaia di migliaia di persone si troveranno da agosto in poi senza protezione o con una ridotta a 350 euro al mese al massimo e per un periodo limitato a un anno, oltretutto non rinnovabile prima di altri 18 mesi. Un livello davvero basso in assoluto (una capacità di spesa giornaliera di 11,5 euro o 17,5 per due persone, affitto escluso), pari a meno della metà della soglia di povertà assoluta calcolata dall’Istat. Un valore percentuale rispetto alla mediana dei redditi nazionali decisamente inferiore a quello adottato dalla gran parte dei Paesi europei. Potrà essere considerato sufficiente a «garantire una vita dignitosa» alle persone in condizione di povertà, anche grazie alla «continuità dell’accesso al reddito minino per coloro che non dispongono di risorse sufficienti», come raccomandato a gennaio dal Consiglio dell’Unione europea e sottoscritto dall’Italia?