Nel 15ennale della morte di Anna Rosa Fontana, ieri 11 aprile 2025 a Matera i responsabili dell’Associazione Anna Rosa, coadiuvati dall’on. Stefania Ascari prima firmataria del ‘Codice rosso’, dall’ex sindaco Domenico Bennardi, dal comandante della Guardia di finanza, dai vigili del fuoco, e dai famigliari di Vita Maria hanno inaugurato una Panchina Rossa a lei dedicata

QUESTA È LA STORIA DELLA 38ENNE ANNA ROSA FONTANA UCCISA A MATERA IL 07 DICEMBRE 2010 DALL'EX COMPAGNO PAOLO CHIECO

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Nel 15ennale della morte di Anna Rosa Fontana, ieri 11 aprile 2025 a Matera i responsabili dell’Associazione Anna Rosa, coadiuvati dall’on. Stefania Ascari prima firmataria del ‘Codice rosso’, dall’ex sindaco Domenico Bennardi, dal comandante della Guardia di finanza, dai vigili del fuoco, e dai famigliari di Vita Maria hanno inaugurato una Panchina Rossa a lei dedicata.

Questa è la storia di Anna Rosa Fontana
Anna Rosa Fontana è la donna che nel 2010 è stata uccisa dall’ex compagno…, il suo caso fu al centro della giustizia per tanto tempo, una giustizia che non è stata capace di difendere la donna.

Anna Rosa Fontana aveva 38 anni quando è stata uccisa nel dicembre del 2010 a Matera: il suo è un caso particolare, perché cinque anni prima aveva rischiato seriamente la vita. Il 13 luglio del 2005 il suo convivente Paolo Chieco aveva cercato di ammazzare la donna con quindici coltellate, non riuscendovi solo perché i soccorsi erano stati rapidi e l’ospedale a un passo.

La storia personale della donna è stata sempre travagliata. Il primo matrimonio era finito con una separazione. Le erano rimasti due figli maschi, che oggi hanno 20 e 15 anni. Poi aveva conosciuto Paolo Chieco, un manovale, ex macellaio. Avevano avuto anche una bambina.

La donna uccisa due volte
Anna Rosa e Paolo si erano lasciati ma lui non aveva mai accettato. Il 13 luglio del 2005, in via Lucana 333, lui l’aveva aspettata e colpita con quindici coltellate al collo, al torace, alla pancia. Era rimasta una striscia di sangue dal portone fino all’ingresso dell’appartamento di Anna Rosa, al primo piano. Lui aveva chiamato il 113…, dichiarando… «Ho ammazzato la mia convivente, vi aspetto». Ma Anna Rosa si salvò grazie ai soccorsi e a un miracolo.

Il 15 luglio 2005, interrogato dal giudice, Paolo Chieco fa mettere a verbale il suo amore per Anna Rosa: «In quel momento sono andato un’altra volta in macchina perché mi era venuta una furia di sangue, ho visto un coltello che si è trovato quando mi sono sloggiato di casa, l’ho visto, l’ho preso, sono andato un’altra volta e le ho dato con il coltello, però il portone era aperto, non ho forzato nessun portone. Ho cominciato a dare il primo colpo alla pancia, qua, affianca qua, però lei gridava sempre “Ti amo, ti amo, non mi colpire”… Io dicevo: “Non ci credo, come hai fatto le altre volte che hai detto tutte le bugie e sei ricorsa subito in Questura…”. Lei disse: “No, questa volta…”, però io non la volevo ammazzare».

Il giudice gli chiese se si ricordasse quanti colpi le ha dato e lui rispose: «Non mi ricordo, in quel momento non pensavo più a niente…! Il bambino gridava soltanto, diceva “Non lo fare, non lo fare”, però il bambino dopo non l’ho visto più». Il giudice domanda se si rende conto che con quel coltello – 33 centimetri di lama – la poteva uccidere.

Chieco risponde: «In quel momento, adesso mi sto rendendo conto dello sbaglio che ho fatto». Il giudice gli chiede anche se non ha pensato alla loro bambina. Lui: «Sì che mi rendo conto. Io avevo detto a lei: “Vedi che io voglio vedere la bambina perché la bambina mi è entrata dentro al…”».

Il 28 settembre 2008 c’è stato il processo d’appello. All’imputato vengono concesse quelle attenuanti e la pena viene ridotta a sei anni. Con l’indulto del 2006, Il 7 novembre 2006 il giudice determina la pena in 12 anni e 6 mesi, ma per effetto del rito abbreviato c’è subito una riduzione: 8 anni e 4 mesi. In carcere però Chieco resta poco. Gli vengono presto concessi gli arresti domiciliari. Sapete che cosa vuol dire? Che un condannato sta a casa sua invece che in galera. E sapete dov’è la casa di Chieco? A trecento metri da quella di Anna Rosa Fontana. La giustizia italiana ha deciso che poteva stare lì. Dal 2007 solo trecento metri separano accoltellatore da accoltellata. Comincia, per Anna Rosa, un tormento che la uccide lentamente, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Chieco torna definitivamente libero nel 2009.

Libero, definitivamente libero. Libero anche di andare a suonare il campanello all’uscio di Anna Rosa, e non solo di spiarla con il binocolo come faceva quando pativa la terribile punizione degli arresti domiciliari. Lei si era accorta, di essere spiata. Aveva avvisato la polizia, che era andata in casa di Chieco e aveva sequestrato il binocolo. Su questo tipo di indiscreta «osservazione» hanno costruito dei film dell’orrore. Ecco, Anna Rosa Fontana ha interpretato un film dell’orrore per almeno tre anni, da quando il suo ex convivente è uscito di galera.

Lei accumula denunce su denunce, alla fine ha quasi timore di essere scambiata per pazza. Il 21 settembre va dal giudice e supplica: mi molesta continuamente, non ce la faccio più. Il 1˚ ottobre lui finge di invitarla a cena a Montescaglioso. La porta in una stradina sperduta, le stringe una corda al collo e la porta sul ciglio di un burrone. All’1,18 – ormai è il 2 ottobre, notte – Anna Rosa cerca di mandare un sms alla mamma. Non riesce neppure a concluderlo: «Mamma mi sta uccidendo, ora mi porta nel». All’1,40 riesce a mandare un sms al figlio Antonio: «Mi sta uccidendo corda al collo mi ha portato di forza nella tavernetta per paura che chiamo i carabinieri mi stava but nel burrone come devo fare».

Il 7 ottobre Anna Rosa va dai carabinieri che verbalizzano così la sua denuncia: «Con aria minacciosa e sotto la pioggia, mi intimava di dargli il cellulare, poi prendeva la mia borsetta e la buttava lontano da me. Poi apriva il bauletto dello scooter e vi prendeva un paio di guanti neri, o comunque di colore scuro, ed una corda bianca. Mentre si infilava i guanti mi diceva: “Comincia a pregare perché per te oggi è finita”. Io ero tremendamente impaurita e lo scongiuravo di non farmi del male perché vedevo il suo sguardo perso nel nulla. Era lo stesso che aveva quando nel 2005 mi aveva inferto ben 15 coltellate dopo avermi appostato nel portone di casa di mia madre». Anna Rosa riferisce ai carabinieri che Paolo le diceva: «Niente a me e niente a nessuno. Ti farò morire lentamente. Questa sera per te è finita. Allora, sei pronta vuoi dire le ultime preghiere? Stai diventando nera, stai morendo».

Così si conclude la denuncia della donna di quel 7 ottobre (2010) scorso: «La sottoscritta Anna Rosa Fontana è costretta a tutelare la sua incolumità e chiede che si voglia accertare la responsabilità del sig. Chieco Paolo, ravvisabili nei fatti narrati, individuandolo come autore del tentativo di omicidio, del sequestro di persona e dei numerosi appostamenti sotto la mia abitazione che evidenziano il reato di stalking». Precisa che dopo quel 1˚ ottobre è stata minacciata anche i giorni 4, 5 e 6 ottobre: pure pubblicamente, con urla in mezzo alla strada.

I carabinieri trasmettono la querela alla magistratura ma il giudice, di tutti i reati indicati, si sofferma sul più lieve: stalking. Lieve, per non dire altro, è anche la punizione: il 3 novembre 2010 Paolo Chieco riceve l’ordine di non avvicinarsi all’abitazione di Anna Rosa Fontana. Lunedì 6 dicembre lei telefona alla mamma: «Ho paura. Mi chiudo nel portone per nascondermi». Il giorno dopo Paolo Chieco uccide Anna Rosa Fontana proprio su quel portone, esattamente dove aveva cercato di ammazzarla cinque anni prima. Anche questa volta la donna è con uno dei suoi figli…, è il più grande, quello di 20 anni (all’epoca dei fatti ne aveva di meno). Le prime due coltellate Chieco le vibra sul collo, dicono che l’ha quasi decapitata. Le altre quattro alla schiena e sul fianco.