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DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK: NON È SEMPRE NECESSARIO ACCERTARE L’IP DEL PROFILO

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Articolo…, tratto da… https://ilquotidianoditalia.it!

  • Diffamazione a mezzo Facebook: non è sempre necessario accertare l’ip del profilo.

Precisazione e contributo a una nostra richiesta da parte di alcuni specialisti del settore:

  • www.avvocatodelweb.com – info@avvocatodelweb.com;
  • @vv. Pierina Di Stefano – 3393885260;
  • @vv. Michele Di Somma – 3391959125.

La prova della diffamazione a mezzo Facebook è un aspetto che può rivelarsi alquanto complesso nell’iter che segue alla relativa denuncia-querela. Questa peculiare modalità di commissione del reato ne configura l’ipotesi aggravata perché l’offesa propagata attraverso i social viene considerata offesa recata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità” diverso dalla stampa

in quanto potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile di persone (art. 595, comma III, c.p.). L’accertamento della responsabilità penale dell’autore richiede la verifica positiva circa la riconducibilità del profilo sui cui è stato pubblicato il contenuto incriminato al soggetto ritenuto autore dello stesso. Tale verifica, in particolare, comporta anche l’accertamento sull’indirizzo IP della provenienza di quel contenuto.

L’indirizzo IP è il codice numerico assegnato, dal servizio telefonico, in via esclusiva ad ogni dispositivo elettronico al momento della connessione da una data postazione, onde individuare il titolare della linea. Attenzione, però.

La costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, ritiene ad oggi che pur in mancanza di accertamenti circa la provenienza del post di contenuto diffamatorio dall’indirizzo IP dell’utenza telefonica intestata alla persona imputata per il reato di cui trattasi, la riferibilità della diffamazione a tale persona può avvenire anche su base indiziaria, a fronte della convergenza, pluralità e precisione di dati quali il movente, l’argomento dello spazio web su cui avviene la pubblicazione, il rapporto tra le parti, la provenienza del post dalla bacheca virtuale dell’imputato, con utilizzo del suo nickname.

A tali elementi, inoltre, la Suprema Corte ha aggiunto, in termini di rilevanza indiziaria, anche l’assenza di denuncia di cd. furto di identità da parte dell’intestatario della bacheca sulla quale vi è stata la pubblicazione del contenuto incriminato.

È quanto ribadito nella recente sentenza n. 40309 del 25 ottobre 2022, pronunciata dalla V Sezione della Corte di Cassazione. Ricordiamo che l’eventuale utilizzo abusivo da parte di terzi del proprio profilo social, o, in generale, del proprio account deve essere prontamente denunciato alla Polizia Postale, anche e soprattutto per scongiurare l’utilizzo della ns. “identità digitale” per scopi illeciti e per evitare, altresì, che noi stessi diventiamo vittima delle altrui attività diffamatorie.