Una importante lettera per evidenziare la realtà dei fatti, dopo il testo inviato su whatsapp dal sindaco di Messina Renato Accorinti, ci è giunta, ne diamo per tanto il giusto spazio, scrive (riprendendo le frasi del primo cittadino) Carlo Cucinotta: “noi abbiamo già vinto. Abbiamo già cambiato i connotati della politica, restituendo valore alla parola politica, provando a mettere al centro l’uomo ed il cittadino nei suoi fondamentali diritti a partire dagli ultimi”.
“L’avvio di una rivoluzione culturale. Lo abbiamo fatto noi, liberi cittadini messinesi, società civile che ha scelto di compattarsi, non con vuoti slogan ma con la pienezza e la forza degli ideali, fino a vincere un’elezione, sconfessando tutti i pronostici, irrompendo come un fiume in piena dentro il Palazzo, scardinando come arieti tutte le porte delle stanze del potere”.
No, caro Renato, la tua ambizione (inconciliabile con la tua anarchia) di restituire valore alla parola politica, è rimasta solo ambizione che si è riempita di sermoni ed empatie. La tua amministrazione, che sicuramente ha anche prodotto misure condivisibili, ha una macchia originaria indelebile: “il tradimento sostanziale degli impegni elettorali che ancora negli archivi della stampa possono essere visti e letti nella loro interezza e chiarezza”.
“Il sostanziale salvataggio politico di coloro che hanno male governato nel passato, il tempo perso nell’inseguire bilanci politicamente fantasiosi fatti approvare all’ultimo minuto dal Consiglio Comunale, anche senza possibilità di discussione, grazie ad una normativa antidemocratica secondo la quale se un bilancio non condivisibile viene bocciato ad andare a casa non è l’autore del bilancio ma chi lo boccia! In quanto alla vittoria nelle elezioni starei con i piedi a terra perché nessuno può dimenticare da dove sono venuti (sollecitati, concordati o meno) i voti che ti hanno fatto fare il salto al ballottaggio”.
“Il voto spontaneamente dato a te in un primo momento è stato un voto di speranza ed uno schiaffo ad una politica affaristica, che nulla aveva di alto e nobile, perché si ravvedesse e cambiasse ma, dovresti ricordare bene, dopo è diventato un voto contro Genovese (Felice Calabrò non era assolutamente in ballo!) sia da parte della destra che aveva perso che da parte di chi (errando) in Felice vedeva la controfigura del dominus della formazione ed il socio dei Franza ed il nascondere, durante il ballottaggio, il provvedimento della Magistratura non servì a nulla”.
“La tua responsabilità? Avere suscitato inutilmente grandi speranze e quel -inutilmente- si è materializzato di colpo quando hai perso la fiducia di due consiglieri (Lo Presti e Sturniolo) che hanno rapprsentato , loro si!, il cambiamento. Perché il cambiamento erano loro, se pur tanto diversi fra loro per origine, esperienza e cultura politica! Non mi appassiona il dibattito sulla sfiducia, non mi appassiona perché è un dibattito finto, per molti (non per tutti) un trucchetto per rifarsi una verginità mai avuta …”.
“Non mi appassiona perché la mozione di sfiducia, quella vera, è come la querela: non si annuncia in mille conferenze stampa ma la si presenta! Non mi appassiona perché il risultato appare scontato come le approvazioni dei bilanci per senso di responsabilità. Il tuo atteggiarti a martire è quindi prematuro anche se funzionale a disegni altri. La sfiducia non passerà perchè una certa politica ha ancora bisogno di nascondersi dietro di te”.
“E poco importa se tu eri quello che otteneva gratuitamente spazio nelle feste de L’Unità per esporre in piena libertà idee non condivise dagli organizzatori e vendere gadget, se per i media sei diventato improvvisamente il simbolo del No ponte quando molti altri avevano con certosina pazienza costruito un vasto movimento popolare, se da anarchico ti sei proposto ad amministrare la cosa pubblica, se hai ridotto ad un bazar la stanza del Sindaco di Messina, se chiami in modo, diciamo, poco istituzionale quel signore li il Capo dello Stato, se ritieni, con esplicita arroganza, le tue idee superiori a quelle di altri messinesi indossando la divisa Free Tibet, che neanche i diretti interessati indossano più”.
Cucinotta, conclude: “stai sereno Renato, in questo Consiglio Comunale, credo, non vi saranno 27 persone disposte a sfiduciarti: molti, troppi hanno ancora bisogno di te e tu potrai continuare, rafforzato, la campagna mediatica per un radioso avvenire. Con profonda delusione per l’aver bruciato un sogno di rinnovamento, ma senza rancore, riconosco che hai già vinto”.